Storie

La storia di LUCIA

È il 01 Luglio del duemila venti. Sono a lavoro. Fa caldo. Il mio bimbo domani compirà otto mesi. Ha avuto un po’ di febbre nei giorni scorsi e come da abitudine, ormai, non dormiamo da giorni. Sono seduta, al mio fianco un’amica (sventurata testimone). Mi gira la testa, sento una vertigine strana, il cuore batte a mille. Cado a terra. Mi ricoverano. Mi impiantano un dispositivo sotto il seno per controllare i miei battiti. “Sei troppo stanca”, “Smetti di allattare”, “Riposati”. Queste le rassicurazioni.

Trascorre un anno e mezzo, caotico e ricco di sfide, sto bene ma c’è qualcosa dentro di me che sussurra che “qualcosa che non va”, mi sentivo instabile, di sottofondo impaurita per quanto accaduto…In pericolo, insomma. Ma negavo sempre tutto di fronte agli altri. Avevo fatto mille controlli e tutto era stato rassicurante. Mi avrebbero preso per pazza se avessi insistito! Sono stata cresciuta con il mito deformante della Donna che “mai chiede e mai si lamenta”! Ero in salute e in forze, un lavoro faticoso ma che amavo da pazzi e due figli piccoli adorabili. Non c’era di che lamentarsi né preoccuparsi…

Arriva poi gennaio del duemila ventidue..Ero seduta e tranquilla e il cuore all’improvviso inizia a battere forte, non riesco a rispondere alle mie amiche che sono vicino a me. Per qualche secondo sono fuori dal mondo. Il vuoto invade la testa e il torace, sento come risucchiarmi in un tunnel infinito e buio. Li sento i miei amici intorno a me, ma non riesco a rispondere.

Mi ricoverano per degli accertamenti. Devo sottopormi ad uno studio elettrofisiologico. Non mi faccio sedare però, sono troppo curiosa. Il cuore ricomincia a battere a mille. Il mio cardiologo, a gran voce, dice: “Sabrina, come va?”. Solo il tempo di dire “Male” e il mio Cuore: impazzisce, fibrilla, danza scomposto, si arresta. Cado nel buio e quando mi risvegliano non so dove sono. Mi spiegano cosa è accaduto. La diagnosi è Sindrome di Brugada e mi posizioneranno un defibrillatore sottocutaneo.

Iniziò così la mia avventura. Da malata invisibile a paziente, in un attimo. Con gradualità, impegno e pazienza la mia vita è tornata quella di prima, con una visione diversa e con il dono della consapevolezza dell’impermanenza tra le mani, che regala alle cose mille nuovi colori